La leadership dopo la pandemia

L’emergenza sanitaria che tutt’ora stiamo vivendo, ha dato peso a valori come fiducia, libertà, cura, benessere e ha rimesso al centro dell’attenzione l’importanza delle soft skills, come afferma l’articolo https://www.ilsole24ore.com/art/i-trend-manageriali-post-pandemia-nuovi-stili-leadership-ADKEt5IB pubblicato lo scorso 16 giugno da Il Sole 24 ore.

Nell’ultimo anno, molti sono stati i cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro: a livello organizzativo sono state introdotte nuove misure, un esempio è proprio lo smart working; ma anche in tema di Leadership vi sono stati grandi cambiamenti, innanzitutto è cambiato il “modo di essere il capo”.

Vediamo quindi cosa distingue l’essere un Capo dall’essere un Leader dopo la pandemia.

La differenza risiede nel modus operandi: il Leader ispira all’innovazione, è empatico verso i suoi collaboratori e li supporta, senza impartire ordini specifici, accompagnandoli nel raggiungimento degli obiettivi prefissati; il Capo invece, tende a gestire l’azienda e i suoi dipendenti in maniera distaccata, è colui che detta regole e impartisce ordini assicurandosi che vengano rispettati.

Con l’introduzione dello smart working si è passati da organizzazioni tradizionali, basate sul controllo delle attività, a modelli “agili” incentrati sulla responsabilizzazione individuale. Infatti non si dà più importanza alla presenza dei dipendenti in azienda, ma è importante dimostrare di saper raggiungere i risultati con autonomia, responsabilità e proattività.

Questo ha portato quindi all’esigenza di uno nuovo stile di Leadership, che promuova e valorizzi la “libertà” delle persone. Oggi il rapporto Leader-dipendente è basato molto di più sulla fiducia, che non viene data in modo cieco, ma sulla base delle risposte che si ottengono. Il leader, quindi è più propenso a dare delega e libertà ai suoi collaboratori con la conseguente verifica dei risultati.

Ne consegue che non si dà più troppa importanza al titolo o al ruolo definito nell’organigramma, si guarda oggi all’esperienza delle persone, la capacità di collaborare e cooperare, e di mettere in campo le soft skills. Parliamo di competenze non più tecniche, ma sociali e umane.

Possiamo quindi definire un buon Leader come colui che dà fiducia, delega e consente ai suoi collaboratori di acquisire la competenza e la capacità di portare avanti progetti in totale autonomia, perché ciò che conta è la verifica del raggiungimento del risultato e della qualità dei contenuti che si mettono in campo, e non la verifica della presenza fisica sul posto di lavoro.

Simona Forgione

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