Essere professionista significa svolgere la propria attività lavorativa con abilità e competenza al fine di dare risposte concrete e risolutive ai propri clienti; ciò, però, oggi non basta. Come viene sottolineato nell’articolo “La capacità di ascolto conquista il cliente” pubblicato su Il Sole 24 Ore del 25 marzo scorso, un professionista che vuole fare la differenza non può prescindere dal rendere partecipe il cliente sulle misure da adottare attraverso una comunicazione efficace. Un cliente torna se si sente trattato come persona e non come un numero; inoltre, egli cerca nel professionista una persona capace di aiutarlo nel gestire le proprie attività in modo creativo, strategico e con una visione prospettica.
Alla capacità del professionista di mantenersi sempre aggiornato sulle novità normative e burocratiche si affianca la necessità di una formazione costante anche riguardo le competenze trasversali, coscienti che richiederà sì un investimento di tempo e di denaro, ma soprattutto un investimento per il futuro.
Grazie a una comunicazione attiva e orientata al positivo e mediante una buona capacità di mediazione fra le parti, il cliente potrà essere aiutato a prevenire e superare conflitti derivanti da alcune dinamiche relazionali e abbandonarne la logica vendicativa. Si pensi a un notaio in sede di disposizioni testamentarie litigiose, a un avvocato in occasione di separazioni difficili, a un consulente del lavoro nel corso di conflitti tra dipendenti e azienda oppure a un amministratore di condominio durante una riunione conflittuale.
La capacità di mediare, di “stare a metà” tra le parti, ponendosi come una figura terza e imparziale che non interviene a favore di una o dell’altra parte, richiede proprio una buona capacità di ascolto, di osservazione che non giudica e che va oltre le apparenze e uno scambio partecipativo derivante dal dialogo.
Educare a una comunicazione assertiva che esprime in maniera chiara ed efficace le proprie emozioni ed idee, senza calpestare ed offendere gli altri, permette di concludere accordi, evitare conflitti o almeno risolverli senza strascichi difficili.
A un professionista può essere richiesta anche la capacità di fare coaching per aiutare i clienti nella realizzazione di sé e nel raggiungimento dei propri obiettivi, massimizzando il loro potenziale personale e professionale.
Il cliente che chiede supporto a un commercialista per l’inizio di una nuova impresa e per la scelta di nuove possibilità lavorative, troverà un valido supporto nella definizione del percorso da seguire in un professionista pronto a mettere in luce le risorse a disposizione e ad allinearle con gli obiettivi che si desidera raggiungere, grazie alla capacità di fare domande mirate. Attraverso un ascolto attivo e un rapporto basato sull’empatia, il professionista si porrà come un facilitatore nel superamento dei dubbi e delle paure che una scelta imprenditoriale comporta.
Di paura si parla anche in merito a un promotore finanziario che deve fidelizzare il proprio portafoglio clienti. L’incertezza dei mercati e il timore di vedere i propri investimenti sfumare per una scelta poco accurata rendono scettica la potenziale clientela. L’accompagnamento da parte del professionista nella valutazione dei rischi e nella scelta dell’investimento corrispondente alle attese reali rende il cliente più tranquillo nelle preferenze da porre in atto. Così come un approfondimento sulla capacità di problem solving renderà il professionista più capace di rispondere alle aspettative dei clienti e di assicurare un’assistenza tempestiva.
In definitiva, saper ascoltare è la chiave del successo perché permette di comprendere e farsi comprendere, realizzando una trasformazione in sè e negli altri che porta ad accogliere le idee dell’altro e al dialogo.
È la capacità del professionista di capire l’esperienza del cliente a determinare la customer satisfaction e, si sa, un cliente appagato è la miglior leva di marketing perché un cliente soddisfatto procura spesso una nuova e fiduciosa clientela.
Caterina Del Po
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